Eugenio Montale
Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981
Fatta la guerra il ragionier Montale sceglie, tra le sue imprecise ambizioni, l’attività letteraria che nel 1925 lo eleggerà, oltre che intellettuale militante firmatario del crociano Manifesto degli intellettuali antifascisti e critico letterario autore dell’Omaggio a Italo Svevo, poeta degli Ossi di seppia. Questa prima poesia negativa e antisublime segue i crepuscolari e guarda critica alla tradizione: non celebra né canta Eugenio Montale, dice fermo e amaro che né i versi possono cambiare né irrazionali sentimenti o illusioni redimere una realtà arida e dura che si traduce in un quotidiano, incerto «male di vivere». Ma pungono la «razza/di chi rimane a terra» esperienze d’estemporanea dolcezza, dono di limoni odorosi o lucenti girasoli: oggetti d’ogni giorno che in Occasioni (1939) con epifanie femminili si fanno fonte di liberazione e salvezza dall’assurdo d’una realtà che, precipitando nella guerra, cede il passo alla vicenda dell’intimo, a nebbiose memorie, all’«arcano sovramondo» di pensieri in cui l’autore cerca un senso alla propria vita e nutre una poesia ellittica, condensata. Negli oggetti reali, astratti a metafisica, proietta Montale fin nella desolazione della Bufera e altro (1956), nel sorridente, sarcastico perdersi di Satura (1971), «una disincantata visione dell’esistenza, una tenace forza di resistenza alla negatività della vita» (Tellini).
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