Émilie du Châtelet
Parigi, 17 dicembre 1706 – Lunéville, 10 settembre 1749
Approfittando degli impegni militari del marchese di Châtelet suo marito, quanto del clima di licenza che sovrasta Parigi fin dopo la morte dell’apertissimo reggente Filippo d’Orléans (1715-1723), Gabrielle-Émilie Le Tonnelier de Breteuil s’addentra nella vita sociale della capitale, facendo leva sulla prodigiosa combinazione di fascino e intelligenza che incarna per stringere con Voltaire un sodalizio sentimentale, politico ed intellettuale: da lei, a Cirey, l’autore delle Lettres philosophiques scamperà ai tribunali (1734) per continuare ininterrotte conversazioni filosofiche e scientifiche, ma in competizione con lui la marchesa scriverà, per un premio offerto dall’Académie des Sciences, una Dissertation sur la nature et la propagation du feu che segnala meriti scientifici coronati da quell’impresa di mediazione culturale che sarà la traduzione dei newtoniani Principia Mathematica; Émilie vi lavora dal 1745, finché l’uccide il parto della figlia del poeta Saint-Lambert – così perde Voltaire una «metà di sé stesso». Usciranno postume Riflessioni sulla felicità (1779) ove s’è intravisto un nodo delle contraddizioni illuministe: dichiarando necessaria l’illusione a raggiungere felicità e piacere, sottovoce si richiama l’immensità dell’ideale, esecrato, contro la finitezza d’un reale eletto a guida d’ogni azione; si sente oscuramente, ma non si vuol ammettere, che più dell’oggetto concreto del desiderio preme l’inquieto e vagheggiato desiderare.
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