El libertador? - La salma
Il Venezuela davanti alla bara del líder
1. La salma
Intorno a Nicolás Maduro regna un silenzio innaturale. È un’hora dura y tragica quella che sente la voce del vicepresidente venezuelano. Un breve scroscio di applausi risuona in sala, poi di nuovo il contrito silenzio, quando la telecamera inquadra la gigantografia di Hugo Chávez sulla bara velata della bandiera del Venezuela. Il climax che vibra nella voce di Maduro sboccia in commozione quando rievoca un uomo puro, verdadero, che nella foto stringe e quasi si aggrappa ad un crocifisso. Mescolati ai funzionari, agli ufficiali e ai parenti che nelle prime file il vicepresidente chiama per nome, o companeros, hijos, jermanos, s’intravedono i baffi di Ahmadinejad, che si tiene il mento col palmo della mano; le braccia incrociate di un Evo Morales visibilmente rotto dall’emozione; gli occhi affilati di Manuel Santos, il Presidente colombiano che si alza in piedi quando si sente chiamare. Altrove in sala siedono il bielorusso Lukashenko, Rafaél Correa di recente rieletto Presidente dell’Ecuador, l’infante di Spagna Felipe e, ovviamente, Raúl Castro. Rendono omaggio al protagonista della rivoluzione bolivariana, che sostiene di aver rinnovato il socialismo, e aver aperto nuove prospettive di sviluppo internazionale.
Quello di Maduro è un discorso potente ed immaginifico. Ripercorrendo le ore più buie non solo del Venezuela, ma di tutta l’America Latina – le lotte intestine e le tragiche diffidenze seguite al fallimento delle utopie continentali di Símon Bolívar, gli incoraggianti segnali di crescita finiti nella spirale sanguinosa delle dittature – l’uomo che ora si trova a raccogliere l’eredità di Hugo Chávez invita a trabajar juntos. Scaglia dure parole contro el maleficio de la traicion de la patria, che tante volte ha frustrato le possibilità del subcontinente; contro la canalla mediatica, che volentieri ha attaccato il Presidente Chávez, l’uomo del popolo, tramando contro di lui e mostrandolo al mondo quasi come un dittatore. Ed ecco che un piccolo libriccino blu emerge dal vestito, e s’innalza sopra la sua testa, stretto tra le dita: una carta por hacer la revolución. Una rivoluzione democratica, che ha dato nuova linfa ai sogni bolivariani. Come Cristo, che si è sacrificato per il popolo (sic!), anche il Presidente Chávez è un redentor, un protector en Cristo de los pobres de esta tierra, sempre coerente nell’obbiettivo di dar ygualdad y felicidad al pueblo. La democrazia – aveva capito Chávez – non può essere stabile nel capitalismo, ma può fondarsi su un socialismo indigeno, bolivariano, cristiano. Le masse in lutto, che per le vie di Caracas e nel Paese manifestano un profondo dolore per la scomparsa del líder, sembrano la miglior testimonianza della riuscita dell’impresa.
Ma questo è un epitaffio, e il tenore, più che descrivere la figura di un politico e la sua vicenda, vuole indicare come ricordarlo. Non è un bilancio dell’opera chavista, ma piuttosto un programma politico su quanto deve essere ancora fatto, sulle opportunità da non lasciar cadere nella tomba col Presidente. La Rivoluzione bolivariana non è avanzata abbastanza da mettersi al riparo dall’evento più pericoloso per una democrazia – elezioni che si chiamano libere – e il passato, anche recente, ha mostrato quanto potenziale contrario a Chávez alligni in Venezuela. Dal 2006 in qua l’elettorato chavista ha oscillato, mettendo a rischio il Presidente nelle consultazioni meno importanti per poi confermarlo in quelle decisive, indeciso tra duri avvertimenti a un regime sempre più sgradito e la paura di un’opposizione ancora identificata con le oligarchie. Le ultime elezioni, nel 2012, hanno dato a Chávez un distacco di “soli” dieci punti sullo sfidante Capriles, che ora può avvicinarsi alla vittoria definitiva.
Ma se il Venezuela manda segnali contrastanti sull’operato del suo defunto Presidente, non è teste migliore l’opinione pubblica occidentale, che parla di Chávez per screditarlo, alla stregua di un caudillo come un altro, o per santificarlo come un libertador nuovo, socialista. Considerato il rischio che il progetto bolivariano svanisca in una nuvola di fumo con la dipartita di Chávez e dei suoi alleati – per cause elettorali o naturali – se è vero che quest’uomo avrà il suo posto nella storia principalmente per le reazioni che ha suscitato, è vero anche che questo accade non solo perché gli occidentali sono continuamente alla ricerca di una nemesi o di un eroe in cui specchiarsi e riconoscere le proprie aspirazioni, ma anche perché egli stesso ha fatto del suo meglio per accrescere la propria statura simbolica, attraverso una politica spregiudicata e pirotecnica. Hugo Chávez ha saputo toccare i nervi scoperti della sensibilità occidentale e ha contribuito a rendere grande e stimolante la politica internazionale del decennio passato.
Commenta