Dino Grandi
Mordano, 4 giugno 1895 – Bologna, 21 maggio 1988
Giovane studente di giurisprudenza, Dino Grandi vorrebbe sfruttare il radicalismo nazionalista per portare a compimento lo Stato risorgimentale attraverso la nazionalizzazione delle masse. Torna però disilluso dalla Grande guerra, pronto ad abbracciare il fascismo. Dopo alcune prime tensioni, tributa fedeltà indiscussa a Mussolini, che vede come figura imprescindibile per lo sviluppo del movimento politico. In qualità di sottosegretario agli Esteri, Grandi mira a fare del fascismo uno strumento di potenza e lavora per rafforzare il paese con capacità diplomatiche apprezzate da Londra e Washington. Durante il suo mandato di ambasciatore a Londra, tuttavia, matura dubbi sul regime a causa dell'avvicinamento al nazionalsocialismo, che sente sempre più incompatibile con lo spirito e gli interessi italiani. Col proseguire disastroso della «guerra parallela» vede la necessità di una pace separata: perciò, per il Gran Consiglio del Fascismo del 24/25 luglio 1943, elabora con Bottai e Federzoni l'Ordine del giorno che porta il suo nome e che decreta la fine di Mussolini, sfiduciandolo come capo del fascismo. Perseguitato dai repubblichini come dagli antifascisti, Dino Grandi fugge in Brasile tornando in Italia da manager affermato a fine anni Cinquanta e invecchia come “sopravvissuto” pubblicando, infine, le proprie memorie.
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