Cowboy, glitter e lacrime
Cuori infranti, strass e David Lynch nella musica country queer del cantante sudafricano Orville Peck
Il video musicale di C’mon Baby Cry, uno dei singoli dell’album Bronco di Orville Peck, è camp e allegro; si apre in un country pub illuminato da una luce rossa, un posto che ci sembra di conoscere bene, se non fosse che la barista è una donna di origini asiatiche (interpretata dalla comica Margaret Cho) che serve una birra a un cowboy dalla pelle scura, baffi neri e barba incolta. Mentre la macchina da presa accompagna lo spettatore attraverso la stanza, la luce, che illumina il cantante, diventa di un verde bizzarro e splendente: Orville Peck indossa un cappello da cowboy e una camicia di seta con dei cactus scintillanti ricamati. I suoi occhi azzurri luccicano attraverso la tipica maschera in pelle nera con delle frange sottili che gli ricadono sul petto. Ecco il nostro eroe, il nostro fuorilegge country queer.
Non ha mai mostrato il volto in pubblico e mantiene un velo di mistero sulla sua identità
Quando è uscito il suo primo album nel 2019, Orville Peck sembrava essere apparso dal nulla, un cowboy misterioso che cavalcava verso le polverose città del West. Da allora, sebbene si sia anche esibito al Jimmy Kimmel Live!, sia apparso in articoli di numerose riviste come Rolling Stone e GQ e abbia viaggiato in tutto il Nord America per promuovere l’uscita del suo secondo album Bronco, non ha mai mostrato il volto in pubblico e mantiene un velo di mistero sulla sua identità, condividendo solo alcuni dettagli biografici chiave. Peck è nato a Johannesburg, Sud Africa, dove ha vissuto fino ai quindici anni quando la sua famiglia si è trasferita in Canada. Ha studiato balletto classico per dodici anni, si è cimentato nella recitazione e ha suonato come batterista in alcune band punk. Queste esperienze fanno tremare la campana di vetro che protegge il mito di chi dovrebbe essere un cantante country. È però il suo essere un uomo gay che canta di altri uomini a farla cadere a pezzi. La storia personale di Peck insieme alla spavalda rappresentazione della propria identità queer all’interno delle canzoni country-western sfida la narrativa semplicistica e ristretta volta tratteggiare un’idea di mascolinità e autenticità che l’industria musicale ha creato e promosso con lo scopo di escludere le persone di colore e la comunità queer.
Peck trasmette il suo amore profondo e la sua passione per la musica country attraverso le storie che racconta con i suoi testi, che parlano di cuori infranti e vite in fuga, e abbracciando i suoni tipici del genere, come gli accordi solitari della chitarra pedal steel, che sospira per tutto Bronco, o i riff melancolici dell’armonica, mescolati alle seducenti influenze melodiche tipiche della California, della new wave e della psichedelia. Spalanca i cancelli del genere e lo rende più inclusivo, inserendo nei suoi video, sempre girati con la massima attenzione alla fotografia e alle coreografie, persone di colore e della comunità queer. Tratto dal suo primo album Pony, il video di Hope to Die mostra una splendida e sensuale danza in un fienile, mentre Queen of the Rodeo, lungo otto minuti, ha come protagonista la drag performer Thanks Jem, appartenente alla comunità Two Spirit, che nella cultura nativa americana rappresenta chi ha sia spirito femminile che maschile, e celebra la femminilità. I video dei singoli di Bronco, inclusi C’mon Baby, Cry, Hexie Mountains, Let me Down, The Curse of the Blackened Eye e Daytona Sand, diretti dal regista newyorkese Austin Peters, sono lunghi e lussureggianti, ed esprimono l’inclinazione di Peck per un’estetica stilizzata e i colori vivaci. Peck ha spesso parlato del suo amore per i film di David Lynch, la cui influenza è evidente. Sembra proprio Lynch, anche se più allegro, più queer e più sexy.
Peck ha spesso parlato del suo amore per i film di David Lynch, la cui influenza è evidente
«C’mon Baby, Cry» è una perfetta unione di ciò che Peck abbraccia come camp, sfarzoso e tenero. Il video è ambientato in un country pub con dipinti di cavalli sui muri e bottiglie di liquore messe in fila sul bancone del bar; il personaggio principale è un cowboy solitario con il cuore spezzato che sorseggia la sua birra nell’ombra mentre osserva la performance di Peck sul palco. Il cantante lo incoraggia a lasciare andare il suo dolore represso, a piangere e a esprimere la propria vulnerabilità: «I can tell you’re a sad boy just like me / Baby don’t deny what your poor heart needs». Nel video viene fatta una satira giocosa e leggera degli archetipi della musica country come il cuore spezzato, la solitudine e l’ubriacarsi – inclusa la barista che versa del liquore da una bottiglia di Fistful of Bourbon – ma, nel racconto di Peck, il cuore del cowboy è stato spezzato da un altro uomo. Mentre canta e balla con ampi gesti rigogliosi e mosse aggraziate, alcuni uomini arrabbiati gli lanciano delle bottiglie di birra, una dimostrazione della violenza omofobica che caratterizza questi spazi; tuttavia, questo non gli impedisce di raccontare la propria verità. Lo sguardo della cinepresa si sposta su quattro donne – tra le quali Cho e Kornbread, una donna trans ed ex-concorrente di Ru Paul’s Drag Race – che in posa di fronte al bar, con il volto impassibile e schioccando le dita a tempo, rappresentano una forza protettiva glamour.
La fama sempre crescente di Peck ha permesso che aumentasse il numero di fan irriducibili, che si definiscono scherzosamente Peckheads. Una notte, mentre mi inoltravo nella tana del Bianconiglio tappezzata dai video di Peck su YouTube, ho cominciato a leggere i commenti. I più interessanti erano quelli delle persone queer cresciute in zone rurali che si sono sempre sentite escluse dalla cultura che le circondava.
Essere una persona trans e gay nel sud degli Stati Uniti è difficile. È difficile conformarsi agli eventi e all’estetica senza sentirti profondamente minacciato o costretto a raccontare la verità sul tuo essere trans o gay.
Essendo stato un ragazzino gay dichiarato in un paese in culo ai lupi e che si è sempre sentito non rappresentato dalla musica country, sono felice di vedere un uomo apertamente gay che riesce a raggiungere il successo e al tempo stesso tracciare un nuovo percorso.
Come uomo trans e gay, ho sempre esitato ad abbracciare le mie origini del sud dato che, in queste zone, sono diffusi toni così… pesantemente religiosi e intolleranti. Grazie per avermi mostrato che ho il diritto di sentirmi parte di tutto questo, non “nonostante” io faccia parte della comunità LGBT, ma abbracciando e accettando entrambe le parti di me.
Riesco a comprendere la sensazione di sentirsi esclusi, che è anche parte della ragione per cui mi ritrovo nella musica di Peck, e del perché i suoi video musicali in particolare sono come una boccata d’aria fresca e mi danno la carica. Da uomo trans e queer non mi sento a mio agio nel sostare nei pressi di un country pub, e le poche volte che l’ho fatto ho sentito la necessità di guardarmi le spalle, ben consapevole del mio aspetto e di come gli altri mi percepivano. Ma qualche anno fa, quando lavoravo a Seattle, io e il mio partner siamo andati al Cuff Complex, una discoteca gay che i venerdì sera dedicava una stanza alla musica country-western. I balli cominciavano alle 19 e terminavano alle 22; dato che in molti gay club la serata non comincia per davvero se non vicino alla mezzanotte, sono andato con aspettative molto basse. Tuttavia, la pista era strapiena di persone intente a ballare la line dance e il two-step al ritmo della musica country per lo più commerciale degli anni ’90 che metteva su il DJ, e appena ha attaccato l’orecchiabile chitarra di Any Man of Mine di Shania Twain tutti si sono accalcati in pista. La luce della discoteca si rinfrangeva e si rifletteva su questa magnifica folla queer: gay muscolosi con stivali da cowboy, donne queer in camice di flanella e cappelli da cowboy, drag queen con gonne rosa e parrucche à la Dolly Parton. Camicie ricamate, Levi’s a zampa, grosse fibbie abbinate a canottiere fluo e magliette attillate. E ovviamente gambali da cowboy.
Dove sarebbe oggi la musica country senza lustrini, parrucche e strass?
Nel celebrare lo sfarzo della musica country e il suo stile opulento, Peck dimostra che l’estetica queer non è affatto nuova in questo genere. Dove sarebbe oggi la musica country senza lustrini, parrucche e strass? Peck comprende anche che, attraverso il loro stile, le stelle del country raccontano una storia. Sulla copertina di Bronco, Peck è in piedi con le ginocchia leggermente piegate, mentre sullo sfondo si vede un cavallo rampante circondato dalla polvere sollevata con gli zoccoli. Peck indossa un vestito di pelle dorata scintillante, che consiste in pantaloni stretti con gambali e un gilet che mostra le sue braccia muscolose tatuate e una maschera con le frange dorate. Le maschere di Peck, cucite a mano con frange di varia lunghezza, evocano ovviamente Lone Ranger, il cowboy solitario che combatte per la giustizia e si sposta in continuazione; ma è anche un accenno giocoso alle comunità BDSM: la maschera offre anonimato, fascino e potere. L’eroe mascherato, il solitario, il cowboy queer. Il video di C’mon Baby, Cry racconta una storia sulla mascolinità e la vulnerabilità che minaccia lo status quo rappresentato dai disturbatori che gli lanciano le bottiglie di birra. Il cowboy imbronciato alza lo sguardo da sotto la tesa del cappello con desiderio e Peck lo implora: «Been so long since he called your name / On the run from a losing game / Just bat your eyes, baby, let me feel the pain». Peck prende il cowboy dal cuore spezzato per mano e lo conduce in uno spazio intenso, quasi da sogno con luci rosse malinconiche, poi ritorna sul palco dove il cappello da cowboy e la camicia del cantante si illuminano, una leggera allusione a Robert Redford in Il cavaliere elettrico, ancora sexy e leggero, ma talmente queer da far piovere glitter dal soffitto.
La figura del cowboy solitario, duro ma dal cuore tenero, ha sempre avuto un fascino omoerotico. Per molti uomini, specialmente di una certa generazione, Brokeback Mountain ha catturato qualcosa che abbiamo sempre sognato ma che non siamo mai stati in grado di articolare. Guardare due cowboy sullo schermo che si scambiano sguardi teneri sembrava rivoluzionario, ma quella storia – così come molte altre che parlano di persone queer in zone rurali – nasce da vergogna e violenza. La musica di Peck racconta una storia queer totalmente diversa. Lui e i suoi personaggi non hanno paura di fare coming out e non soffrono per il loro essere queer. Tuttavia, ciò non significa che Peck ignori il dolore o la solitudine, molte delle sue canzoni parlano di cuori spezzati e amori non corrisposti, e in The Curse of the Blackened Eye scrive di violenza da parte del proprio partner. Però canta anche di amore e desiderio, abbraccia e sovverte l’archetipo del cowboy dal cuore spezzato che si nasconde dietro una mascolinità standardizzata con il camp, la tenerezza e un fascino queer che i suoi fan adorano:
Amo il fatto che lui appaia come una sorta di Dio cowboy benevolo e onnipotente, venuto a dare la propria benedizione al rodeo. La sua presenza e la sua voce sono affascinanti.
Posso dire con orgoglio di essere un suo fan e questa canzone è la poesia di un genio che mostra agli uomini di poter rivelare la propria vulnerabilità. Assolutamente meravigliosa.
Orville fa incontrare Brokeback Mountain e Le montagne della follia, e non riesco a farne a meno.
Ci sono tantissime Regine di stile in questo video. Il mio vecchio cuore gay country non può sopportarlo!
La sua voce è come l’abbraccio di un uomo grande e muscoloso che profuma di whiskey e fuoco da campo, tutto ciò che vuole è farti sentire al sicuro.
La sua voce. Numerosi commenti su YouTube parlano della voce ammaliante di Peck. Sebbene lo stile glamour da cowboy e il fascino del mistero gli conferiscano una presenza elettrica speciale, è la sua voce ad attrarre critici e fan. La sua voce brilla come un gioiello appena dissotterrato, un tesoro pieno, profondo e ampio, conservato sotto strati di country vintage in stile Hank Williams, che passa attraverso i toni baritonali di Johnny Cash, insieme al dolore pensieroso di Chris Isaak, al potente range vocale e forza di Roy Orbison, e alla dolce voce di un’altra cantautrice queer canadese, k.d. lang. La voce di Peck è però tutta sua, ricca, vellutata e affascinante come gli ultimi giorni d’estate, tocca qualcosa di vero, dolce e profondo. Nell’ultima parte del video di C’mon Baby, Cry, all’apice della canzone, la voce di Peck si alza. Lui è in piedi sul palco in cima alla scalinata, la sua figura è delineata da luci rosa e blu ai suoi lati, Peck si piega all’indietro, una silhouette affascinante di muscoli flessuosi posta di fronte a un sole al neon. Poi scende i gradini baldanzoso, pieno di gioia e meraviglia. E, in fin dei conti, credo che sia proprio questo ciò che il video sottende, ovvero che anche attraverso dolore e sofferenza si può raggiungere una pura gioia queer. Peck ci porta in un luogo che pensavamo di conoscere, i country club, ma lo trasforma in uno spazio comune, più vicino a una discoteca o a un gay club di Seattle, dove la gioia queer non può essere fermata. È un battesimo di glitter. I disturbatori, vinti dalla performance, lo applaudono e il cowboy dal cuore spezzato, con il volto ricoperto di glitter, finalmente piange, libero. Peck trae piacere dal camp, senza alcun cinismo. La sua presenza e la sua musica riverberano sincere l’autenticità queer che la musica country auspica. Mentre canta al cowboy nel video, Orville Peck canta a noi, il suo pubblico queer devoto, assicurandoci che ci capisce e che siamo i benvenuti: «I don’t want you to be afraid».
Carter Sickels è uno scrittore statunitense e insegna alla Eastern Kentucky University. Nel 2021 ha vinto il Southern Book Prize con il suo romanzo The Prettiest Star. Suoi articoli sono apparsi su varie testate, fra cui The Atlantic, Poets & Writers, Guernica e Catapult. Questo articolo è stato pubblicato su Oxford American il 13/12/2022 ► Glitter, Cowboys and Tears | Traduzione di Valentina Pesci
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