Chi è Emmanuel Macron?
Speciale #Presidentielle2017: Le pro-européen prodige Emmanuel Macron
«Il miglior modo per potersi comprare un completo è lavorare» Emmanuel Macron risponde ad un manifestante che protestava contro le riforme da lui proposte.
L’Europa anti-Le Pen si aggrappa a Emmanuel Macron. Forte della vittoria al primo turno con il 23,8%, quello che era uno sconosciuto fino a 2 anni fa è oggi il favorito per il ballottaggio. Ricco, europeista e ambizioso. Tre aggettivi che bene rispecchiano il trentanovenne outsider. Di famiglia benestante (padre neurologo e madre pediatra), ha goduto di una formazione di tutto rispetto: studio dai gesuiti, 10 anni di pianoforte al Conservatorio e l’École nationale d’administration, l’alta scuola dell’amministrazione francese, che lo ha lanciato in una brillante carriera prima nel settore pubblico, poi nella settore della finanza con Rotschild, dove è stato assunto all’età di trent’anni, per poi divenirne socio-gestore. Coltiva fin da sempre una forte passione politica. Dipinto dalla stampa come liberale di centro sinistra, centrista, moderato, lui si è sempre definito un progressista-liberale. Nei fatti, è stato membro del Partito Socialista, chiamato da Francois Hollande a ricoprire prima il ruolo di Segretario generale alla Presidenza della Repubblica e poi, nel 2012, a guidare il Ministero dell’Economia, dell’Industria e del Digitale. Un «mai eletto da nessuno», direbbero certi politicanti italiani. L’idea di candidarsi si sviluppò ed è nata nell’aprile 2016, quando ha deciso di uscire dal Governo e dallo schieramento partitico tradizionale, dopo aver fondato un suo movimento: En Marche!. In cammino con lui, all’inizio, non c’erano più di qualche decina di migliaia di persone, ma il carisma del giovane leader ha attirato sempre più consensi. Pare che anche larga parte del suo staff sia giovane e intraprendente, tanto che the Economist definisce la sua organizzazione più da start-up che da navigata macchina politica. E infatti è proprio il suo apparire come nuovo ad avere fatto crescere la sua popolarità, che è esplosa anche sul lato del gossip. Macron è infatti sposato con Brigitte Trogneux, sua professoressa al liceo, che ha venti anni di più e tre figli da un precedente matrimonio. I più maligni vedono in lei la grande mente dietro il giovane Emmanuel, una Hillary Clinton à la français.
La sua proposta politica parte da un assunto che, vero o meno, è l’odierno mantra dell’occidente: destra e sinistra hanno fallito. Nei dati del primo turno gli elettori sembrano averlo confermato, En Marche! ha preso quasi gli stessi voti di Conservatori (che candidavano Fillon) e Socialisti (che candidavano Hammon) messi insieme. Come si differenzia Macron? Nella sua offerta politica troviamo: una riduzione delle imposte sulle società dal 33% al 25%; una riforma della tassa sulla ricchezza; meno spesa pubblica rendendo più efficienti le spese governative e con un taglio di circa 120.000 impiegati statali, non rimpiazzando chi va in pensione; e la messa a disposizione di 50 miliardi di euro per cinque anni per energia e ambiente.
Il vero tratto distintivo di tutta la sua campagna elettorale è la sua visione dell’Europa
In molti le trovano troppo generiche, tuttavia il vero tratto distintivo di tutta la sua campagna elettorale è la sua visione dell’Europa. Ai suoi comizi, per ogni bandiera francese c’è sempre una bandiera europea. Macron non ha paura di dire che l’Europa deve cambiare, ma che senza Europa il futuro per la Francia non può essere roseo. Nelle sue parole troviamo una spinta propulsiva verso un’integrazione maggiore tra i Paesi della zona euro, una gestione europea dell’immigrazione che eviti di ripristinare le frontiere, e più investimenti in sicurezza. Macron ha sciolto il ghiaccio che stava immobilizzando i freddi europeisti del continente, dicendo chiaramente che il progetto europeo è qualcosa di cui parlare a testa alta. E finora, sta avendo ragione. Ad allinearsi, anche Matteo Renzi, che due giorni fa ha stravinto le primarie del Partito Democratico, chiamando la sua area di riferimento In cammino. Quella che è una chiara mancanza di fantasia, può essere il preludio a un solido asse che parli d’Europa e all’Europa, promuovendo una sana riforma in senso democratico dell’UE. È forse presto per dirlo, e taluni a sinistra di Renzi potrebbero non apprezzare, temendo un posizionamento troppo a destra. Ma, alla luce del ballottaggio francese, ha ancora senso vedere in destra e sinistra la linea di demarcazione politica del prossimo futuro? Forse no, e il successo del 39enne francese è lì a dimostrarlo. Sembra molto più netta la distinzione tra chi crede nell’Europa unita e chi vuole tornare a Stati nazionali divisi. È su questo fronte che si gioca la battaglia, e oggi Macron guida lo schieramento che ha in mano la bandiera a dodici stelle.
Matteo Gori
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