Chi è davvero Marine Le Pen?
Speciale #Presidentielle2017: Le fleur du mal Marine Le Pen
«Ci sono due cose che voglio restituirvi, gente: la vostra voce e i vostri soldi» Marine Le Pen sintetizza il proprio programma elettorale ad un comizio elettorale a Clairvaux-les-Lacs, nell’Est della Francia.
Marine Le Pen non si accontenta di rappresentare il voto di protesta di una Francia tormentata dal terrorismo e dalla disoccupazione. Vuole governare, e non è mai stata vicina come adesso alla presidenza della République. Da quando ha assunto la leadership del Front National, ha scelto di imporre una svolta alla linea politica del partito fondato dal padre. Alla base, lo stesso ideale puro e incorruttibile della Francia ai francesi. Ma anziché contare sui voti di un manipolo di nostalgici dell’imperialismo e di Vichy, Marine Le Pen ha affondato la propria retorica nel malcontento popolare. Il Front National è sempre stato un partito reazionario fortemente osteggiato dall’opinione pubblica, relegato ai margini della politica francese. Gli spettri del collaborazionismo spaventavano l’elettorato. Almeno fino ad oggi, fino a che non è arrivata Marine Le Pen. Fondato nel 1972 da Jean-Marie Le Pen, già al soldo della Legione straniera nel rimasuglio delle disperate imprese imperialiste in Indocina, Suez e in Algeria, il partito non riuscì a superare il 6 percento a lungo. Nel 2002 Le Pen riuscì ad approdare al ballottaggio, ma finì pesantemente sconfitto, ottenendo solo il 17.8 percento dei voti al ballottaggio e consegnando la presidenza della République al gollista Jaques Chirac. Nata mentre per le strade di Parigi infuriavano le contestazioni, Marine Le Pen si accorse presto del ruolo politico del padre. Una notte del 1976, quando aveva 8 anni, una bomba esplose dinanzi alla casa di famiglia a Parigi. All’età di tredici anni cominciò a seguire il padre ai comizi elettorali e ad inebriarsi di retorica di estrema destra.
All’età di tredici anni cominciò a seguire il padre ai comizi elettorali e ad inebriarsi di retorica di estrema destra
A sedici anni, la madre lascia improvvisamente il padre e anche le sue tre figlie, e Marine la rivede nuda poco tempo dopo sulla copertina di Playboy. Ricorda che a scuola persino gli insegnanti l’avevano bollata come «la figlia del fascista». Il cognome ingombrante le aveva impedito di affermarsi come avvocato, e aveva finito per lavorare come consigliere legale per il Front National. Si definiva identica al padre, «ma con più capelli», mentre scalava agilmente il partito di famiglia fino a diventarne vice-presidente, poi deputato al Parlamento europeo, poi deputato nazionale. Ma quelle percentuali elettorali troppo modeste cominciavano a starle strette. Intanto, maturava l’idea di una svolta politica: non più un partito filonazista, ma un partito solidamente nazionalista. Un partito che non si scaglia più contro gli ebrei, ma contro lo straniero in generale. Di pari passo con la sua affermazione sulla scena politica, i rapporti con il padre cominciavano ad incrinarsi, perché si dimostrava restio ad abbandonare quella nota di fascismo che aveva da sempre contraddistinto il partito. Il culmine della crisi interna alla famiglia, «il periodo più difficile della mia vita dopo il parto», si verificò nel 2013, dopo che venne fuori ancora una volta le détail. Perché Jean-Marie Le Pen, come era accaduto qualche anno prima, si era ancora consapevolmente lasciato scappare che le camere a gas «erano solo un dettaglio della storia». Per non precipitare ancora ai margini della scena politica sotto il peso delle accuse di essere un partito filonazista e negazionista, Marine decise di espellere il padre dal partito che lui stesso aveva fondato. Liberatasi definitivamente della presenza del padre, Marine Le Pen è stata in grado di imporre la svolta che desiderava per il partito. Accantonata l’eredità filonazista, il Front National ha improntato la propria campagna elettorale su quei temi che stanno a cuore ad un elettorato francese scosso soprattutto dagli attentati terroristici che hanno insanguinato la Francia negli ultimi due anni. Marine Le Pen ha marciato sui cadaveri degli attentati con discrezione, per ispirare le folle con la proposta di un taglio netto all’immigrazione, da 200 mila persone all’anno a 10 mila.
Marine Le Pen ha marciato sui cadaveri degli attentati con discrezione, per ispirare le folle con la proposta di un taglio netto all’immigrazione
E poi viene l’Unione Europea: considerata il frutto di una globalizzazione incontrollata che ha devastato l’economia Francese, ha privato la République della propria indiscussa sovranità con una burocrazia cavillosa, troppa enfasi sul rispetto dei diritti umani, un liberalismo incontrollato, e insopportabili stringenti norme di bilancio. Per questo, ha ammaliato i francesi con l’idea di riprendersi la Francia, e di abbandonare l’Unione Europea con un referendum – un copione già visto. Marine Le Pen si spinge oltre, invocando anche l’uscita dalla moneta unica, per ritrovare anche la sovranità monetaria. Ma ritrovare sovranità monetaria significa solo svalutazione e inflazione. Gli operai, i disoccupati, gli imprenditori caduti in rovina sembrano non accorgersi che i primi ad essere colpiti dalla riduzione del potere d’acquisto e del salario reale sarebbero proprio loro, e si lasciano avvolgere ciecamente dalla retorica nazionalista. L’ultima svolta si è avuta pochi giorni fa, quando la Le Pen ha rinunciato alla presidenza del partito per concentrarsi sul ballottaggio. Il presidente designato, Jean-François Jalkh, è stato subito costretto a rinunciare all’incarico, travolto dalle polemiche: sono tornate alla memoria le sue parole di un’intervista rilasciata dodici anni fa, quando mise in dubbio l’uso delle camere a gas nei campi di sterminio nazisti.
Leonardo Zanobetti
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