Breve guida ai film del Presente Italiano
Sei film in concorso al festival Presente Italiano che catturano gli sguardi del nostro cinema contemporaneo
A Pistoia sta crescendo anno dopo anno un festival dedicato al cinema italiano più originale, nascosto e meritevole: Presente Italiano, di cui giovedì 18 ottobre si è chiusa la quarta edizione, con la vittoria del film d'animazione Gatta cenerentola, tratto da una favola di Basile e accompagnato dalle voci, tra gli altri, di Massimiliano Gallo, Maria Pia Calzone e Alessandro Gassman. Il regista Alessandro Rak ha ringraziato la manifestazione con queste parole per il riconoscimento assegnato dalla giuria popolare: «Sono molto contento di questo premio, lo dico a nome di tutta la Mad Entertainment, di tutta la squadra. Perché noi siamo davvero una squadra: quattro registi, io, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri, Dario Sansone, poi altri 15 ragazzi che con noi costruiscono il film fotogramma per fotogramma e poi la produzione.... Luciano Stella, Carolina Terzi e la segreteria di produzione anche! Siamo una squadra piccola e compatta e ogni premio, ogni cosa buona che viene appartiene a tutti. Grazie a tutti per questo premio. Lusinghiero, inaspettato». Presente Italiano è una manifestazione vitale che vuole stimolare un nuovo sguardo sul nostro cinema, presente e passato, esplorandone il sottobosco per combattere i luoghi comuni e la percezione più paludata. Ci sono, nelle retrospettive, la riscoperta e la rilettura del passato e, nella sezione principale del concorso, una serie di film prodotti nell'ultimo anno poco conosciuti, maldistribuiti, di nicchia ma non d'élite e testimoni di una nuova vitalità dei generi, di stili e di sguardi sulla realtà inediti rispetto al panorama della grande distribuzione. Anche quest'anno il festival ha offerto una selezione che va dall'animazione al melodramma, dal documentario al noir urbano passando per la commedia d'autore. Scopriamo quali sono questi film e perché meritano di essere visti e recuperati.
Il codice del babbuino ★★★½
Regia: Davide Alfonsi, Denis Malagnino
Cast: Denis Malagnino, Tiberio Suma, Stefano Miconi Proietti
Guarda il trailer ► https://www.youtube.com/watch?v=AbD61oXkl_8
Denis trova la ragazza del suo amico Tiberio priva di sensi e vittima di una violenza sessuale nei pressi di un campo Rom dell'estrema periferia romana. Avverte Tiberio, più giovane di lui, il quale vuole farsi giustizia da solo. Denis, uomo dai saldi principi nonostante il contesto, tenta di far desistere il giovane amico dai propositi di vendetta irrazionale, accompagnandolo in un viaggio in macchina lungo l'intera notte. La situazione si complica quando si unisce "Il tibetano", il boss del quartiere.
Il codice del babbuino si inserisce nel filone che racconta "educazioni criminali" ambientate nei pressi e oltre il Grande Raccordo Anulare, trovando la sua specificità nella messa in scena assolutamente essenziale e scarna, quasi sporca. Non ci sono orpelli, di sceneggiatura come di regia, che possano distrarre dalle vicende emblematiche dei due protagonisti, vittime e simboli di una realtà soffocante. E nonostante l'essenzialità della messa in scena, Il codice del babbuino non è un film semplicemente realista. Trasfigura le condizioni dei personaggi con l'arma del "comico" più acre, sottile e duro, sfruttando la sua capacità perturbante e capovolgente di filtrare la disperazione e dipingere antieroi. È il caso in particolare di Denis, costretto ad una reazione estrema e innaturale per salvare l'amico; è a lui che nel finale un beffardo contrattempo quasi fantozziano e assolutamente quotidiano ribadisce la sua condizione di inevitabile sconfitto, di vittima di un contesto che non lascia scampo.
Dove non ho mai abitato ★★★
Regia: Paolo Franchi
Cast: Emmanuelle Devos, Fabrizio Gifuni, Giulio Brogi, Hippolyte Girardot
Guarda il trailer ► www.youtube.com/watch?v=IaFq0Jep1IE
Francesca è l’unica figlia di Manfredi, apprezzatissimo architetto, ora malato. Anche lei architetto, al lavoro ha preferito la sicurezza del rapporto, per altri versi poco appassionante, con Benoit, un cinico finanziere che suo padre non ha mai apprezzato. Tornata dalla Francia per stare vicino al padre, Francesca, fuori dalla sua quotidianità, rivede le sue scelte e intesse un’inattesa relazione con Massimo, erede dello studio e dell’arte di Manfredi, che le dona per poco la felicità che non ha mai conosciuto.
L’incapacità di realizzare i sentimenti e di individuare o risolvere le emozioni costituisce lo spazio del cinema di Franchi, sin dal suo esordio. I suoi personaggi appartengono a categorie umane ritenute algide, vittime di sé stesse e incatenate al proprio status. Chi scardina il loro eterno presente è sempre un outsider, come Valeria in La spettatrice (2004) o Luca in Nessuna qualità agli eroi (2007). In Dove non ho mai abitato è Francesca, che vive nel e del disprezzo del padre, ritrovandovi l’unico indizio della sua libertà. La sua condizione è quella dell’evasa, non appena viene riconosciuta si nasconde, scappa, si fa muta. Solo Massimo, emblema dei caratteri statici franchiani, orgogliosi, perseveranti ed egocentrici, riesce a rivitalizzare in lei la passione per il lavoro e per la vita. Entrambi si scoprono figure senza luogo, che riescono ad essere vitali solo quando dimenticano sé stessi o quando invidiano chi riesce ad amare. Per Franchi è certamente il film finora più compiuto.
Gatta cenerentola ★★★½
Regia: Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarneri, Dario Sansone
Cast (voci): Massimiliano Gallo, Maria Pia Calzone, Alessandro Gassman, Renato Carpentieri
Guarda il trailer ► www.youtube.com/watch?v=lwRM12OiZK8
Il secondo lungometraggio della Mad Entertainment, dopo L'arte della felicità, alza l'asticella del lungometraggio d'animazione italiano. Ispirato alla favola scritta da Giambattista Basile e contenuta nel Cunto de li cunti, Gatta Cenerentola è quasi totalmente ambientato sull'enorme nave Megaride, ormeggiata nel Porto di Napoli. Qui, in un futuro prossimo, cresce con la matrigna e le sorellastre (cinque, tra cui un travestito) Mia, figlia di un illuminato imprenditore che, proprio con la costruzione della Megaride, voleva rilanciare la città partenopea, per poi finire però ucciso. La storia segue le coordinate della celebre fiaba, con un testardo poliziotto nel ruolo di principe azzurro e con sullo sfondo i problemi più tipici del capoluogo campano (e non solo). Gatta Cenerentola, cupo e duro – con momenti di violenza esplicita – ma tutt'altro che privo di speranza, funziona proprio per come riesce ad essere allo stesso tempo un'efficace allegoria sociale e un'affascinante opera poetica e visionaria che si basa su uno stile grafico complesso, spesso caratterizzato da un certo horror vacui, e variegato. Tra le tante, due sono le soluzioni stilistiche più significative, che sottolineano i due toni di fondo: l'onnipresente, malsano e opprimente pulviscolo, che evidenzia la durezza e il malessere del contesto, e gli oleogrammi d'ispirazione ghibliana che, al contrario, ricordano il passato e danno speranza per il futuro.
La strada dei Samouni ★★★
Regia: Giovanni Columbu
Guarda il trailer ► https://www.youtube.com/watch?v=mFcDe4JC4dc
I Samouni sono una famiglia palestinese che vive alla periferia di Gaza. Nel 2009 l'esercito israeliano sterminò la famiglia uccidendo ben 29 membri. Stefano Savona racconta le testimonianze e i ricordi dei superstiti raccolte ad un anno di distanza, affidando ciò che non può essere davvero e fino in fondo reso con le parole alla rielaborazione dell'animazione di Simone Massi. Il tratto denso e ruspante, il bianco e nero potente ed evocativo, caratteristiche tipiche di uno dei protagonisti più interessanti della nostra animazione d'autore (per citare alcuni esempi, i cortometraggi in bianco e nero Dell'ammazzare il maiale, La memoria del cane e quello a colori Stella di mare), danno voce e forma alla memoria, sottolineano la tragicità della vicenda in un'indagine più intima delle drammatiche testimonianze raccolte da Savona. Oltre a riportare gli eventi, come il momento dell'attacco israeliano, di cui mancano immagini di repertorio. La strada del Samouni è quindi un documentario originale e pudico, che affronta con sensibilità un tema scottante come quello della memoria di chi è stato vittima di tragedie belliche, presentando personaggi forti, orgogliosi e coriacei. Da un altro punto di vista, forse in assoluto meno importante, il film ha anche il merito di porre l'attenzione sulla corrente "neopittorica" del cinema d'animazione italiano, di cui Simone Massi è l'esponente più celebre.
Surbiles ★★★½
Regia: Giovanni Columbu
Guarda il trailer ► www.youtube.com/watch?v=TOWCyuMFbQk
Le Surbiles sono protagoniste delle leggende e del folclore della Sardegna rurale. Sono creature femminili misteriose e malvagie che succhiano il sangue ai bambini non ancora battezzati, talvolta simili a vampiri talvolta a delle streghe, a seconda delle varie declinazioni delle leggende che mutano da zona in zona. Il significato più profondo e radicato nei secoli di queste figure ancestrali è stato oggetto di una ricerca antropologica da cui Giovanni Columbu ha tratto il suo affascinante e metafisico documentario. Columbu non segue le strade del reportage e della testimonianza più lineari e classiche, e rafforza lo studio con un approccio quasi "antimaterico" e sfuggente, seguendo quella tradizione del nostro cinema del reale più recente che dialoga con la finzione. Le varie testimonianze presenti nel film infatti sono alternate a sequenze in cui queste leggende entrano nella contemporaneità assumendo quasi le sembianze di un film dell'orrore, dove l'inquietudine nasce dalle stesse percentuali di realtà e di fantastico. Columbu in questo modo ci trasporta in un altrove trascendentale, etereo e immutato nei secoli – significative da questo punto di vista le ricorrenti inquadrature del paesaggio, quello urbano dei vicoli del borgo come quello naturale dei boschi e delle montagne circostanti – tipico delle tradizioni e delle mitologie arcaiche e più radicate di una cultura, cogliendo così la resistenza e la capacità di sopravvivere del folclore.
La vita in comune ★★½
Regia: Edoardo Winspeare
Cast: Gustavo Caputo, Antonio Carluccio
Guarda il trailer ► www.youtube.com/watch?v=UjSmdkUY5XM
La lentezza di una chiocciola apre e chiude la vicenda di La vita in comune, è la stessa lentezza congenita che fa di Disperata, un piccolo villaggio pugliese, un corpo senza forze dove ogni speranza è velleità. Il sindaco Pisanelli non è che un tassello inerte che quotidianamente si confronta con un consiglio d’amministrazione riottoso, fazioso e recriminante. Il suo personaggio è tutto ciò che Disperata non è, è il suo complementare: tra sindaco e città le uniche relazioni possibili sono l’attrito o l’indifferenza. In carcere tiene dei corsi di letteratura ai detenuti: per assurdo è solo dietro i cancelli sorvegliati che si sente libero, solo qui infatti può agire al di sopra degli interessi privati e oltre la logica dell’utile. È qui che conosce Pati, un detenuto che sceglie di abbandonare le rapine e abbracciare la poesia e che diverrà il suo interlocutore più naturale. Uscito di prigione si ritrova anch’esso come un pesce fuor d’acqua: il figlio stravede per la carriera criminale, il fratello non fa che cercare nuovi colpi possibili, l’ex-moglie deride la sua attività poetica. Ma, tenace, Pati riesce a trascinare con sé parte del paese e a risvegliare un senso comunitario prima sopito. Winspeare col suo stile personalissimo, fatto di accostamenti più che di evoluzioni, proprio come se girasse in versi e non in prosa, mostra ancora originalità, ma manca la coesione: è come Pati, come il Sindaco e come la foca avvistata da un pescatore, una creatura aliena, magnifica ma ancora senza una precisa collocazione.
A cura di Edoardo Peretti e Erasmo De Meo
In collaborazione con Mediacritica.it
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