Boy Erased | Tra cinema e vita
Garrard Conley raccontato dall'interno: la "cura" forzata dell'omosessualità e il film tratto dal suo memoir
Un gruppo di persone in camicia bianca ripete in coro i mantra dell’istituto per ex-gay Love in Action. Tra quelle persone c’è Garrard Conley di Mountain Home, Arkansas. Garrard, costretto a diciannove anni a sottoporsi alla terapia riparativa, è l’autore del memoir Boy Erased. Vite cancellate da cui è tratto l’omonimo film. Mai mi sarei aspettato di vedere il suo volto sullo schermo. Mai avrei pensato che fosse disposto a rivivere quegli orribili giorni, anche se solo per un attimo, anche se solo nella finzione. Ho avuto modo di conoscerlo bene quando è venuto in Italia per raccontare la sua storia, ed ero sicuro che ne avesse abbastanza, che scrivere il libro gli avesse permesso finalmente di voltare pagina e gettarsi definitivamente alle spalle quel brutto capitolo del suo passato. E invece ho scoperto che non solo ha preso parte attivamente al film con quel breve cameo, ma che ha anche offerto la propria consulenza per la stesura della sceneggiatura. Difficile prescindere dalla viva voce del protagonista quando si lavora a una storia realmente accaduta, tuttavia in un caso simile, quando l’intento è raccontare una parte così dolorosa della vita di un uomo, si potrebbe pensare che la biografia sia sufficiente, che non sia necessario andare a rimestare ulteriormente nel torbido dei ricordi.
Il film Boy Erased. Vite cancellate, però, non è solo il resoconto di quanto accaduto nei giorni di Love in Action, bensì un grido di protesta, un’opera il cui messaggio ha la forza di denunciare quelle "terapie riparative" che Garrard non ha mai smesso di combattere. Ed è per questo che lo scrittore si è messo subito a disposizione degli sceneggiatori e del regista Joel Edgerton, per aiutare ragazzi come lui a scampare al suo stesso destino, per impedire a strutture come Love in Action (che fortunatamente oggi ha chiuso i battenti) di mietere altre vittime, per evitare a 700mila giovani americani di vivere ogni anno l’incubo della terapia di conversione che tanto male ha fatto e continua a fare negli Stati Uniti.
La preziosa collaborazione di Garrard si percepisce guardando il film. Ci sono tanti piccoli dettagli apparentemente insignificanti che contribuiscono ad arricchire il suo personaggio (interpretato magistralmente da Lucas Hedges), rendendolo complesso, sfaccettato e combattuto, un ragazzo ancora confuso sulla propria sessualità che lotta con tutto se stesso per affermarsi come l’uomo che suo padre vorrebbe che fosse. La sua è un’omosessualità ancora acerba: Garrard è quasi impaurito dalle sensazioni che prova, e inizialmente si sottopone volentieri alla terapia riparativa. Senza nulla togliere alla bravura degli attori, del regista e degli sceneggiatori, in questo senso è stata fondamentale la collaborazione del reale protagonista della storia: soltanto lui, infatti, poteva conoscere tanto a fondo i propri turbamenti, e allo stesso tempo fornire un quadro così dettagliato dei genitori, descrivere la loro reazione al coming out regalandoci un ingarbugliato mix di rabbia e senso di colpa che rende straordinaria quella particolare scena.
Il pastore Conley è un uomo dai principi incrollabili: «correggere» il figlio è per lui un dovere morale e spirituale, e la terapia riparativa l’unica soluzione possibile
Il pastore Conley (Russell Crowe) è un uomo dai principi incrollabili, per cui la religione e la guida della propria comunità sono al primo posto: «correggere» il figlio è per lui un dovere morale e spirituale, e la terapia riparativa l’unica soluzione possibile. Martha Conley, invece, interpretata da Nicole Kidman, è consapevole dell’errore che stanno per commettere nei confronti del figlio, ma si piega alla volontà del marito e, fino al momento della «redenzione» (la scena in cui fa letteralmente evadere il figlio da Love in Action), resta lacerata dal senso di colpa. Garrard mi ha raccontato che per studiare i loro personaggi, le due stelle di Hollywood si sono recate più volte nella cittadina dell’Arkansas dove vive la famiglia Conley – il giorno in cui Crowe si è presentato con il suo jet privato e ha fatto ingresso nella chiesa per abbracciare il pastore Conley è entrato nelle leggende di Mountain Home –, e si sono intrattenute a lungo con Martha e il pastore (ve lo giuro, Garrard non ha pronunciato il nome del padre neanche una volta in una settimana) per conoscerli e parlare. Questo, oltre a permettere a Nicole Kidman e Russell Crowe di fornire un’interpretazione magistrale in Boy Erased, ha creato anche delle situazioni un po’ bizzarre all’interno della comunità. Com’era prevedibile, infatti, l’uscita del libro prima e del film poi ha sconvolto quel piccolo centro religioso, tanto che Garrard, ogni volta che vi fa ritorno, viene accolto con uno sconcertante misto di amore e odio dai suoi concittadini, che da un lato lo osannano come “l’amico delle star di Hollywood, quello famoso che conosce i VIP”, dall’altro lo detestano per aver gettato fango sulla comunità, per aver scritto quell’obbrobrio che li dipinge come «omofobi baciapile senza un briciolo di cuore».
Indubbiamente l’esperienza di Garrard ha avuto la più potente cassa di risonanza possibile, è letta e conosciuta ovunque (tranne in Brasile, dove il film è stato censurato dal governo), e l’approdo a Hollywood non ha fatto che amplificare l’effetto di un racconto che, già di per sé, sarebbe stato sufficiente a smuovere le coscienze. Forse è stato sull’onda di tutto ciò che il famigerato Victor Sykes, il direttore del programma di Love in Action – che nella realtà si chiama John Smid ed è un ex-ex-gay, o ex-gay pentito, nel senso che è un gay convertito all’eterosessualità e poi tornato a essere gay (ora convive con suo marito) – ha trovato il coraggio di inoltrare a Garrard una richiesta che, per chi conosce la storia e sa quale ruolo abbia avuto Sykes/Smid nella vita del nostro protagonista, rasenta il paradossale. Stiamo parlando di un uomo che, dopo aver rovinato la vita di innumerevoli giovani e averne spinti altrettanti al suicidio, il giorno della prima a Los Angeles di un film che mette a nudo le sue colpe, chiede al protagonista – salvatosi da un triste destino solo grazie alla forza di volontà – di poterlo accompagnare sul red carpet, a Hollywood.
Garrard è stato in grado di perdonare, di elaborare, di fare addirittura dell’ironia su una vicenda tanto brutale
Se non altro, almeno la risposta di Garrard è stata quella che ci possiamo immaginare. Sorrideva, mentre mi raccontava questo aneddoto, ancora incredulo dinanzi a tanta arroganza, ma ha voluto sottolineare come adesso lui e Smid siano «in buoni rapporti». Improbabile? Forse, ma non per chi conosce Garrard, un ragazzo che è stato in grado di perdonare, di elaborare, di fare addirittura dell’ironia su una vicenda tanto brutale, un ragazzo che dedica l’opera della sua vita ai genitori nonostante siano stati proprio loro a spingerlo tra le intricate maglie di Love in Action. Un ragazzo che è riuscito ad abbracciare la propria omosessualità senza rimorsi e che oggi ha trovato la felicità e l’amore.
Boy Erased. Vite cancellate è il racconto della sua vita, e sebbene Garrard non sia poi così entusiasta di essere finito sulla bocca di tutti soltanto per un’esperienza che, sostanzialmente, ha subito («Vorrei che la gente mi apprezzasse anche per le mie doti di scrittore, non solo per la mia forza di carattere. Il che va benissimo, certo, ma ormai ho voltato pagina», mi ha ripetuto più volte), si rende conto di quanto sia difficile scrollarsi di dosso un passato tanto ingombrante.
Oggi Garrard sta scrivendo un romanzo storico (Basta memoir), e si è fatto portavoce dei diritti di quei ragazzi che, come lui, sono costretti a subire la terapia riparativa, aiutato anche dalla notorietà che gli ha regalato il film. Il suo intento è combattere l’omofobia e ogni forma di discriminazione sessuale, nonostante le minacce di morte che riceve ogni giorno dai quattro angoli degli Stati Uniti.
Se vi siete immedesimati nel Jared/Garrard introverso, timido, confuso e spaventato portato sul grande schermo da Lucas Hedges, dopo aver letto questo mio piccolo contributo spero che possiate immaginarvi un Garrard diverso, più maturo, consapevole e forte. Un Garrard che, con un sorriso sfrontato sul volto, fa ingresso nella chiesa dove il pastore Conley sta predicando, si accomoda su una delle panche in prima fila (come fa ancora oggi) e rimane lì, sotto gli sguardi rancorosi e ostili della congregazione, in attesa di un cenno di riconciliazione da parte di suo padre. Nel film la riconciliazione arriva solo in parte, rappresentata dalla penna stilografica che Garrard riceve in regalo. Il libro si conclude invece con il padre che proclama: «Voglio solo che tu sia felice. Dico davvero». Qualunque sia la reale sostanza del loro rapporto oggi, sappiamo che il pastore Conley nutre ancora le stesse convinzioni nei confronti della religione e dell’omosessualità. E Garrard, suo figlio, non ha mai smesso di aspettare un cenno da lui, seduto su una panca nella piccola chiesa di Mountain Home.
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