Augusto César Sandino
Niquinohomo, 18 maggio 1895 – Managua, 21 febbraio 1934
Figlio illegittimo di un ricco piantatore di caffè, il giovane Sandino salta di lavoro in lavoro fino in Messico, dove un diffuso spirito antimperialista e antistatunitense lo conquista spingendolo a tornare in Nicaragua nel 1926. Qui si combatte una feroce guerra civile tra i conservatori, che vogliono appoggiarsi a Washington per mantenere al potere nonostante la prossima partenza del contingente USA che occupa il Paese dal 1909, e i liberali, che vogliono ridurre l’influenza degli Stati Uniti e lo strapotere delle loro aziende agricole. All’accordo che i contendenti raggiungono proprio sotto l’egida americana Sandino risponde continuando la lotta in chiave esclusivamente antimperialista, verso una guerriglia lunga e dura con cui solo può competere la Guardia Nacional di Anastasio Somoza Garcìa. Alle libere elezioni del 1932 seguono l’uscita di scena degli americani e, quindi, una pacificazione nazionale che vede Sandino consacrato in tutta l’America Latina come l’uomo capace di liberarne i popoli dall’oppressione imperialista americana, ma presto ucciso a tradimento da Somoza, il fondatore di quella dinastia di dittatori nicaraguesi che solo i rivoluzionari sandinisti riusciranno ad abbattere nel 1979.
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