Almanzor

Algeciras, 13 gennaio 938 circa – Medinaceli, 11 agosto 1002

Discendente della famiglia dei Banū Abī ‘Āmir, con Tāriq ibn Ziyād nell’invasione araba della penisola iberica (711-2), Muhammad ibn Abī ‘Āmir comincia quale ottimo segretario la sua carriera politica; dall'entourage del primogenito del califfo omayyade di Cordoba al-Hakam II, quand’egli muore, ascende alle grazie della madre del secondogenito, che succede al padre (976) come Hishām II, ma non saprà arrestare la scalata di Muhammad al dominio personale su al-Andalus: per farsi hajib (primo ministro), sfrutta l’aiuto del suocero comandante dell’esercito (978), quel Ghālib che Muhammad stroncherà ribelle a Medinaceli quando la riforma dell’esercito – sottratto alle logiche predatorie della guerra tribale a favore di reparti di stipendiati berberi e iberici, anche cristiani – ha aggiunto alla sua supremazia politica quella militare ed egli, ormai sovrano de facto, può fregiarsi del titolo onorifico di al-Manṣūr bi-Allāh, «Colui che è reso vittorioso da Dio», l’Almanzor delle fonti cristiane (981). Grazie all’efficienza nuova dell’apparato militare nonché finanziario – l’autonomia concessa ai domini africani ha rivitalizzato il tesoro – Almanzor s’imporrà sui potentati cristiani del nord, ma i tributi esatti finanche da Léon (985) e le vittorie, giunte sino al santuario di Santiago de Compostella (997), non sapranno garantirgli, nella prole, la duratura continuazione del proprio potere. 

 


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