All’amore non bastano due persone
Una riflessione su Dopo lo spettacolo di Keiichirō Hirano
Cosa accade a due persone e al mondo intorno a loro quando si incontrano e cominciano a sviluppare un’attrazione reciproca? La risposta di Keiichirō Hirano in Dopo lo spettacolo (Edizioni Lindau, 2019) è una lunga cronaca dettagliata di come ogni individuo si frantuma per ricostruirsi all’interno di quel mondo che è cambiato, e continua a cambiare, insieme a lui una volta che l’interesse reciproco è stato innescato.
Quando Makino Satoshi e Komine Yōko si incontrano già entrambi quarantenni, lui un affermato chitarrista classico, lei una giornalista, sin dalla prima serata passata insieme vengono colpiti da un’insistente attrazione che andrà a maturare con metodica lentezza all’interno di ciascuno.
Sebbene fosse un’ipotesi poco realistica, entrambi si sarebbero in seguito domandati, indipendentemente l’uno dall'altro, se quella sera non sarebbe stato possibile restare insieme fino al mattino. Perché negli anni avvenire avrebbero più volte ripensato alla lunga sera del loro incontro come un’eccezione nel loro rapporto.
Con pazienza e sensibilità Keiichirō indica che due persone non bastano per una storia d’amore: intorno a loro ci sta un mondo intero, una società frenetica e una schiera di persone, conoscenti, un universo che fa parte del loro presente e del loro passato che crea e modella infinite nuove possibilità e scelte. Questo mondo che sta intorno a Makino e Yōko non si oppone al loro amore: è chiaro fin da subito, da quando si presentano e fanno conoscenza, che il mondo semplicemente esiste, per entrambi è un dato di fatto. Lui in Giappone, lei pronta di nuovo a partire per l’Iran dove è corrispondente per una testata giornalistica durante la Seconda Guerra del Golfo. Dopo la prima serata insieme, alla fine di un concerto tenuto alla Suntory Hall a Tokyo, si separano. Primo contatto e prima separazione, quella che farà crescere in entrambi il sentimento che provano l’uno per l’altra. In questo primo lasso di tempo dove assistiamo al germogliare e al crescere di questa consapevolezza, entrambi cominciano a cercare di accordare la presenza dell’altro nella loro vita; Makino già da tempo non riesce a suonare, Yōko sta per sposarsi e vive con inquietudine lo stanziamento in Iran. Entrambi sfrecciano verso l’incontro successivo con la certezza che forse la misura esatta per rimettere in equilibrio le loro vite sta proprio in quella possibile nuova unione.
Intorno a loro ci sta un mondo intero, una società frenetica e una schiera di persone, conoscenti, un universo che fa parte del loro presente e del loro passato
È questa la risposta di Keiichirō a ciò che accade agli individui quando si legano o soltanto quando devono affrontare un particolare evento delle loro vite. L’individuo diventa il dividuo; come spiega lo stesso autore nell’intervista con la traduttrice Laura Testaverde contenuta nella postfazione al romanzo, in Dopo lo spettacolo ha cercato di elaborare il concetto di bunjin (dividuo) contrapposto al kojin (individuo).
Nell’equazione che vede presenti due persone che si amano e ciò che le circonda, eventi, conoscenti, relazioni passate, il risultato possibile è uno soltanto: questo individuo iniziale non esiste più se non come eterna forma cangiante di tutto ciò che lo ha formato nel passato e che continua a plasmarlo nel presente. Innamorarsi, per Makino e Yōko, significa intraprendere un’opera di frammentazione se non addirittura di dissezione delle proprie personalità, innamorarsi e cedersi all’altro diventa quasi un’esperienza estatica. Uscire dagli spazi definiti e dai propri ruoli, abbandonarsi. Ma ciò che assume particolare rilevanza è che entrambi procedendo nel romanzo acquisteranno consapevolezza di questa esperienza, affidandovisi e permettendo a questa di assumere profondità e peso. Dando senso alla loro storia riescono a rimettere in sesto il mondo moderno, lo stesso mondo che li ha portati a dividersi, un’epoca che rende facilmente intercambiabile la personalità di ciascuno, che raddoppia le distanze, ma dove soprattutto è necessario avere coraggio per perdere il controllo o per cambiare radicalmente la propria situazione.
«Capisco che non sia semplice. Ma oramai ti ho incontrata… Non posso fare come se non fosse successo. Una vita in cui Komine Yōko non sia mai esistita, per me, ormai, non è realtà. Nella realtà in cui io vivo, tu esisti. E voglio che tu continui a esistere accanto a me. Parlando ogni giorno, così, pranzando uno di fronte all'altra…» «Ti sembra di potere realisticamente immaginare una vita in cui mi sposi e cresci dei figli con me? Sarebbe la giusta conclusione per questo rapporto?» Si rendeva conto di suonare opportunista, ma non aveva potuto evitare di chiedere quella conferma. Dopo un breve silenzio, con una voce in cui si percepiva quasi la rinuncia, lui rispose: «Nella mia realtà ora c’è l'amore per te. Il Makino Satoshi che non ama Komine Yōko ormai è una realtà che non esiste più da nessuna parte».
Questo tempo liquido in cui riescono ad adattarsi è fatto delle loro esperienze passate: Yōko era tra il pubblico durante la primissima performance di Makino e suo padre, un regista, è sempre stato fonte d’ispirazione per Makino, tanto che uno dei pezzi principali delle sue esibizioni è un brano tratto da uno dei suoi film. Ma allo stesso modo diventano pilastri della storia le loro esperienze presenti, che immediatamente si calcificano in passato, come l’attentato a cui assiste Yōko in Iran e il malore che colpisce il Maestro di Makino. Tutti i ricordi e gli eventi del romanzo plasmano e influenzano i protagonisti, conducendoli a dare un senso a tutto ciò che accade ma anche a tutto ciò che è loro accaduto. E loro stessi modificheranno la matrice di quel presente in cui vivono: il loro amore andrà ad alterare le scelte di molti altri personaggi che li circondano, alcuni dei quali scateneranno catene di eventi potentissime.
E poi ne aveva abbastanza di un'esistenza che continuava ad andare alla deriva, di quella vita in cui non suonava più la chitarra. Quando esattamente la sua vita era diventata quella cosa strana? Doveva in qualche modo riportarla come era prima.
I punti chiave del romanzo sono proprio i periodi in cui Makino e Yōko sono separati, due grosse finestre temporali che dividono idealmente in romanzo in due parti, laddove la scrittura di Keiichirō si fa ancora più sensibile e raffinata. Dopo la loro prima separazione, quella che li ha portati a riconoscere i loro sentimenti, Makino e Yōko si separeranno di nuovo, per un periodo molto più lungo. Entrambi cercheranno di adeguarsi alla storia che stanno vivendo, cercheranno di riconoscere se stessi come individui soltanto. Ma rimuovere qualcosa da quell’equazione del reale rende l’equazione stessa ancora più credibile, ritagliare qualcosa dallo sfondo mostra la presenza dello sfondo stesso rendendolo ancora più comprensibile. Nel momento in cui sono separati riconoscono quello che manca e ciò che conta sta nel significato di quell’assenza: saper gestire la perdita dell’altro per riconoscere il bisogno di perdere il senso di quella vita sempre vissuta e del tempo per come lo si è sempre considerato.
Così la soluzione non è quella di partire da un nuovo sfondo ma ricomporre il quadro, cercare di mettere tutti i pezzi della storia a posto, far combaciare ciò che si prova con tutto ciò che le sta intorno.
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