Alfred Rosenberg
Tallinn, 12 gennaio 1893 – Norimberga, 16 ottobre 1946
Se nasce tedesco sul Baltico russo, e a Mosca studia architettura, Alfred Rosenberg fuggirà a Monaco i bolscevichi: qui, nell’acceso nazionalismo di società esoteriche o erudite come la Thule-Gesellschaft, matura le teorie razziali cavate soprattutto da Chamberlain e consacrate, quale direttore del «Völkischer Beobachter», all’utopia della giovane NSDAP. Posto alla sua guida da Hitler, dopo il putsch di Monaco, perché politicamente incapace, presto Rosenberg tornerà agli studi che, malgrado il disprezzo di gerarchi più pratici che teorici del nuovo ordine nazionalsocialista, contribuiranno a definire l’ideologia di dominio razziale cui sarà in parte informato l’espansionismo del Terzo Reich: se la Direzione futura d’una politica estera germanica (1927) indica il lebensraum, il Mito del XX secolo (1934) riassume e sublima decenni di reinterpretazioni della storia umana secondo lo scontro tra la razza ariana, destinata al governo universale, e quelle inferiori sintetizzate dalla semitica; vi è chiamato, entro un «cristianesimo positivo», anche un Gesù non crocifisso ma vivo, non figlio di Dio ma uno con la natura, ariano e antisemita. Come intellettuale tutto intento alle sue ricerche Rosenberg vorrà difendersi a Norimberga. Invece lo impiccano per i crimini di guerra e contro l’umanità che, da Reichminister dei Territori Occupati, non potevano non essergli imputati.
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